Non si è forti se si riescono ad alzare chissà quanti e quali pesi, ma forse si diventa forti, forti davvero quando si riescono a portare i propri senza scomporsi il cuore, senza l’anima sparpagliata in mille posti e in mille pezzi, quando la si tiene insieme in un abbraccio stretto fino a quando non passa, quando non gli si concede di tergiversare, di scappare e di cambiare discorso.Quando gli si ricuciono addosso la pelle e le ossa, i muscoli e tutti i vasi sanguigni, quando non è più un burattino e ora si alza ed è anche un corpo, un andare insieme, sempre, vada come vada l’anima non si lascia e neanche si vende.Essere forti non credo sia correre più veloce degli altri, arrivare primi e alzare la coppa, quanto, credo, riuscire a tornare indietro, sui propri passi a guardare se nella corsa ci siamo dimenticati di qualcuno, qualcosa, a volte di noi.Fare passare avanti tutti perché il tuo premio, quello vero che conta e vale è essere riuscito a fermarti, ripensarti e ripensare al cammino.A chi c’era, chi c’è, a chi non c’è stato mai e a te che comunque non puoi lasciarti e neanche dimenticarti.Chi urla più degli altri, chi alza la voce per farsi solo sentire, per me non è forte, forte è chi nel silenzio delle sue stanze, delle sue bocche, sa che non è con la paura che si ottiene ciò che si vuole, ma neanche con la dolcezza:quello che si vuole, a volte arriva perché sì e altre non arriva perché no.Tutto qui.E puoi urlare, picchiare e scalciare, niente di ciò che l’ altro non vuole darti, ti verrà dato.Forti non è essere tutti d’un pezzo, senza lacrime e cedimenti, ma, penso, forti si è quando si va in mille pezzi e si sta lì a cercarli ad uno ad uno, poi ricomporre il puzzle e ricominciare.Non si è forti a mostrare quanto forti siamo, ma quanto feriti siamo, non a non avere paura, quanto ad averne tante e addomesticarle, almeno un po’.Forti, forse li si diventa quando si accetta che forti, forti e grandi e senza crepe non li saremo mai e così fili d’erba e lenzuoli, continuare.

La Raccontadina…

Aaron…

Lui è Aaron, con due “a” così me lo ha presentato mio figlio quando lo ha portato in casa, uno splendido Malamute completamente bianco , enorme e bellissimo che a me ricorda un grande lupo bianco, soprattutto durante i suoi concerti di ululato in risposta alle campane della Chiesa vicina.
E’ arrivato per rimpiazzare il posto della mia adorata Bianca che dopo sedici anni di onorata esistenza ha raggiunto il suo ponte verso l’arcobaleno.
Ho patito tanto questo distacco, mi sono sentita svuotata e per giorni ho pianto non riuscendo più a capacitarmi per questa privazione, troppi ricordi, troppe emozioni, troppa vita trascorsa insieme.
Come dimenticare la sua irruenza giovanile? La tappezzeria del divano e delle sedie da riparare, i calzini e le ciabatte mordicchiate, le pagine dei miei libri preferiti ridotte a brandelli? Come scordare le sue fughe nei boschi, tutto il pantano da pulire, l’allevatore inferocito perché si introduceva nel recinto a spaventare le mucche sollazzate al sole?
Come riuscire a cancellare tutte quelle giornate con il cuore piccolo piccolo da amarezza e delusione, quei giorni in cui lei semplicemente si sceglieva un posto vicino abbastanza e diventava presenza e consolazione, semplice, indiscussa, completa?
Ho fatto fatica davvero a privarmi della nostra bellissima intesa, dei nostri sguardi colmi di amore, di tutte quelle sottili vibrazioni che ti fanno percepire il bene assoluto, chiaro e manifesto, di quella sensazione rarissima che si prova quando si è accettati oltre tutto ciò che sei e che vali.
Questi sentimenti siamo abituati ad accettarli ed aspettarceli dalle persone, normalmente è così, ma quando questo genere di Amore ti arriva da altre sorgenti è un’ esperienza straordinaria, impari e diventi molto più di quel che si può immaginare, giungono fino alla più recondita particella del suo essere è ti trasformano.
Aaron è arrivato, una sfida che ho accettato di cogliere, mi ero ripromessa dopo Bianca che il mio rapporto con il mondo animale da quel momento in poi sarebbe cessato, che non ero più disposta a coinvolgere il mio cuore fino a quel limite per poi perderlo.
Siccome qui in famiglia sanno benissimo che in realtà io ho una strana affinità naturale con gli animali,al punto che scherzosamente mi chiamano San Francesco, visto che cammino sempre con la scia di cani e gatti e ogni specie che circola nel mio spazio vitale, mi hanno affidato questo bellissimo quanto tanto particolare “lupo bianco”.
Aaron,è diverso davvero da Bianca, con lei è stato amore a prima vista, con lui è una conquista perenne.
I primissimi giorni ci siamo solo scrutati, entrambi sempre a distanza di sicurezza, spiandoci con gli occhi sempre, il nostro avvicinamento è stato cauto e lento, io non lo capivo e mi sembrava pure un pochino stupido a dire il vero, non elemosinava cibo, non voleva carezze, sempre per conto suo, minima interazioni, con lui è stato tutto graduale, delicato.
E’ passato qualche mese e oggi Aaron, è sempre accucciato nella stanza che occupo io nei vari momenti della giornata, mi guarda, mi osserva sempre , sorrido tra me e me, quando gira gli occhi di traverso se si accorge che ci bado, lo trovo ad aspettarmi al mio rientro, si lascia accarezzare e mai si stanca, mi segue ovunque , insomma io credo che ha cominciato ad amarmi o mi ha scelto da subito, ha solo atteso che liberassi un angolo del mio cuore dove dorme tranquilla la mia adorata Bianca e a pensarci meglio ho uno spazio enorme per ogni cosa… i luoghi dell’Amore sono infiniti.

Giusy Montalbano

Di voce e silenzio

Silenzio: condanna o tentazione di chi ha sprecato troppe parole, di chi si è stancata
di restare inascoltata per troppo lungo tempo, quante cose si potrebbero raccontare di lui,
quante e quante voci si possono udire tra pareti bianche dell’apatia che divora ogni sforzo
per riemergere dalla fossa di questo silenzio che ti sei scavata per proteggerti o forse
semplicemente per trovare il coraggio di affrontare la paura di saperti sola.
Eppure a volte e prima o poi accade che vedi in un giorno qualunque riemergere tutti i tuoi colori
tutte i tuoi sogni taciuti, tutte le tue speranze assopite e il silenzio diventa Voce e poi musica, canto
cuore e Poesia, bacio posato sul cuore  e una spinta improvvisa, sono ancora io, un balzo siderale
nel blu di ogni mio abisso di luce…sono ancora Silenzio ma distinguo chiaramente soltanto un unico
desiderio: quello di voler brillare attraversando tutti quei cuori che come me cercano quell’esile
lumicino capace di accendere la Vita con un solo  incerto e timido respiro!

G.M

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Caro dottore,
come è triste essere vuoti di dentro.
Fuori c’è tanta musica,
tanta aria da respirare
e l’immobilità del cuore è la cosa più arida
e inumana
che esista.

₪ Alda Merini

E capita che ogni tanto il mio cuore si inceppa, resta immobile per un tempo indefinito serrato tra le maglie strette di qualche delusione o ferita, accade  allora che tutto è crepuscolare ed ogni cosa di me: anima, passione, umore e sentimento arde come un fuoco dentro una coltre di nebbia;
A volte tento con tutte le forze di trovare uno spazio per infinite cose che sento che ci sono ma sono rimaste ammutolite dentro di me, incerottate dalla sfiducia o la paura, un piccolo luogo per una gaiezza, un lieve brioso accenno di vita che come un lampo mi accenda facendomi riemergere da questo lacerato limbo dove mi pare sempre di scontare colpe che non so.
Da questa desolata landa senza speranza taccio, accolgo la voce del silenzio cercando di tradurne un suono…qualche volta da questo mio cuore immobile mi sembra di udire qualcosa, un rumore da primo indistinto poi man mano sempre più chiaro, un soffio, quasi una carezza …sospiro, sorrido: Vertigini dal fondo, Signore, ti prego…un po’ di tregua, ho le vertigini  e questo piccolo muscolo brucia come erba fresca…e mi chiedo: come farò ad arrivare alla fine?!
G.M

 

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In nome di questo viso intravisto,
immagine effimera di un’infanzia,
faccio appello ai ricordi fuggiti,
oggi liberati:
mai,
mai più, approderemo
alle rive della nostra infanzia;
profumo tenace al centro del nostro essere
di quest’isola abolita.
Grandi ombre nutrici
degli alberi dove ci arrampichiamo,
difendete la vostra freschezza frusciante
nella cavità degli esseri ardenti?
Allora il giorno era più lungo
nello scivolarci tra le dita lisce,
più misterioso
nell’aprirsi sulla notte.
L’erba alta splendeva,
dolce per le nostre gambe nude.
Chi ci restituirà il gusto del vento
e quello dei ribes, sorsi di sole
sotto i nostri denti?
Eravamo quelle piccole bestie calde,
acciambellate nel fraterno sudore
con i visi confusi nello stesso ardore.

₪ Colette Nys-Mazure

 

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“Il dolore è passato. La vita l’ha trasformato in qualcos’altro; dopo averlo provato, dopo aver singhiozzato, lo si nasconde agli occhi del mondo, imbalsamato come una mummia da custodire nel padiglione funerario dei ricordi…il dolore un giorno si trasforma, la vanità e il risentimento si prosciugano al fuoco purgatoriale  della sofferenza, e rimane il ricordo, che può essere maneggiato, addomesticato, riposto da qualche parte”..

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Poesia è veggente attesa nella penombra, poesia è abisso che sa della penombra, è attesa sulla soglia, è comunione e insieme è solitudine, è promiscuità e paura della promiscuità, così casta come il sogno del gregge dormiente, è tuttavia paura dell’impudicizia: oh, poesia è attesa, non è ancora partenza, ma perenne concedo…

 

Di libri e parole

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«Amo soprattutto Stendhal perché solo in lui tensione morale individuale, tensione storica, slancio della vita sono una cosa sola, lineare tensione romanzesca.
Amo Puskin perché è limpidezza, ironia e serietà.
Amo Hemingway perché è matter of fact, understatement, volontà di felicità, tristezza.
Amo Stevenson perché pare che voli.
Amo Cechov perché non va più in là di dove va.
Amo Conrad perché naviga l’abisso e non ci affonda.
Amo Tolstoj perché alle volte mi pare d’essere lì lì per capire come fa e invece niente.
Amo Manzoni perché fino a poco fa l’odiavo.
Amo Chesterton perché voleva essere il Voltaire cattolico e io volevo essere il Chesterton comunista.
Amo Flaubert perché dopo di lui non si può più pensare di fare come lui.
Amo Poe dello Scarabeo d’oro.
Amo Twain di Huckleberry Finn.
Amo Kipling dei Libri della Giungla.
Amo Nievo perché l’ho riletto tante volte divertendomi come la prima.
Amo Jane Austen perché non la leggo mai ma sono contento che ci sia.
Amo Gogol perché deforma con nettezza, cattiveria e misura.
Amo Dostoevskij perché deforma con coerenza, furore e senza misura.
Amo Balzac perché è visionario.
Amo Kafka perché è realista.
Amo Maupassant perché è superficiale.
Amo la Mansfield perché è intelligente.
Amo Fitzgerald perché è insoddisfatto.
Amo Radiguet perché la giovinezza non torna più.
Amo Svevo perché bisognerà pur invecchiare.
Amo…»

Italo Calvino – Durante un’intervista a L’Europeo del 1980

Ed io amo le parole…quelle sparpagliate tra pagine e pagine, quelle pensate, cercate, trovate, scrutate e ricamate, perché le parole non sono di questo mondo, sono un mondo a sé stante, un mondo del tutto indipendente, come il mondo dei suoni  che catturano, imbrigliano per portarti altrove, dove il cuore chiede di stare.

G.M

 

Un suono

Di cosa è fatto un cammino? : Di strade e vie, dritte, tortuose, di salite e discese , sentieri irti e scoscesi…un dedalo di percorsi in cui è impossibile non smarrirsi almeno una volta.
Un cammino è fatto di orizzonti e mete, di terre e mare, sguardi nel mondo che abbracciano la vita, inseguono un sogno e corrono nel tempo.
Un cammino è fatto di posti, rifugi o trappole dove posarsi o cadere ed è fatto di tutti, quelli che incontri e coloro con cui ti scontri.
Io sono una vagabonda…cammino da sempre e non so stare a lungo ferma da qualche parte, ma porto con me ogni luogo che ho incontrato e ogni cuore che mi ha fatto da casa, porto con me le funi di cui mi sono liberata e la corteccia  di qualche anima grande che è stata la coperta  nelle notti più oscure, porto con me le mie parole e quelle che mi  sono state pane…porto tutto quello che vado cercando e dimentico un pezzo di strada per volta perchè non diventi paese, dimentico tutto per ricordare e penso allo specchio del Mare e alla brezza, al suo flebile canto tra le mie vele, a come  questa nenia sia pari alla gioia che dondola e ti lascia addosso soltanto un suono.
Giusy Montalbano