Io non sarei mai stata

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Io non sarei mai stata

senza la penuria di papaveri

in un campo rosso acceso

dal mio sangue congelato in attesa di Sole

No, io non sarei mai stata

se escludo una casa disfatta

con la sua carta da pareti strappata

minuscole mappe

dove ho posato i miei sguardi perduti

io non sarei mai stata

se tolgo

tutte le cose rotte da cui sono circondata

morsi di rabbia che non ho saputo fermare

se levo

i segni neri tra le fughe della porcellana candita

il davanzale bagnato

e la finestra opaca, appannata

dove ho riposto il fiato

Credimi, io non sarei….mai stata

in ciò che sono è incluso tutto

solitudine e pienezza

attesa e disperazione

confine e alienazione

limite e varco

e ogni perla nata dal mio cuore lacerato

è goccia brillante di Gioia bellissima

mi adorna il cuore

in un strano ritratto

dove si nasconde la soglia

di un sorriso meraviglioso!

Giusy Montalbano

Del mio vivere inquieto

amoresss

 

Irrequieto

si svelò il mio vivere

una processione perpetua, lenta di giorni,

sfilate di croci più che lumi

tra lo scricchiolio dei passi sul pietrame asciutto

e la densa coltre di nuvole:

muro opaco tra me e il cielo.

Giorni nel tempo vele immobili nel Vento

sperdute e senza rotta

con l’unica sete che una meta sa muovere e placare

Una voce dimorò nei secoli della mia inquietudine

e la visione di un cipresso

che giace sulla nuda roccia

in una verde collina dai profili accesi.

Un solo canto lessi dalla Vita:

grida berberi e lontani,la marcia scalpitante

di un esercito di forza,

una melodia

un suono disadorno e puro

l’armonia nascosta e segreta che scorre

nel mio petto aperto da un fiume in piena,

scorsi la via, presi la strada

disseminata da odorose briciole di pane,

lungo la selva dei pensieri

trovai una lussureggiante radura

dove giaceva innocuo

il fulcro acceso di ogni mio dolore

senza farmi alcun male.

Giusy Montalbano

Avrei voluto…

Edouard Boubat

@Edouard  Boubat

Avrei tanto voluto abbandonarmi al sonno sul tuo petto, dormire per condurti nel mondo dei miei piccoli sogni, condurti attraverso la via stretta e impervia di ogni mio desiderio infranto dalla tua assenza, portarti in riva il mare che tanto ti assomigliava, perché anche tu sapevi dare un nome ad ogni mia tempesta, ad ogni cambio di vento, ad ogni aurora spenta e a tutti i tramonti accesi dalla mia voce che ti chiamava , urlando nel vuoto.

Io credo che è per questa ragione che amo tanto il mare, me lo ricordi ed è nel suo profondo che sempre io ti incontro, quando inabissarmi è la sola scelta che mi resta per non annaspare nell’acqua in rivolta ed i mie giorni sono vele sottili che navigano senza un refolo di vento buono.

Avrei voluto…e mi accorgo che mi assumo spesso il diritto di essere amata, da te più di qualsiasi altro l’ho preteso giustificandomi del fatto che mi avevi messo al mondo ed ora comprendo che sei stato comunque mio padre, di te ho il sangue e la caparbietà, l’ostinata tendenza a non mollare mai, non prima di aver tentato l’impossibile o soltanto una soluzione, una via d’uscita, di te ho più che geni e il ricordo dell’albero di mandorlo nella terra di famiglia, dove amavi stare solo, avvinghiato stretto alla tua rabbia mentre pestavi i frutti con i sassi..è così che ti trovai al nostro primo incontro, io donna ormai con i mie passi bambini..incerti, curiosi ed esitanti tu vecchio soltanto dei tuoi mille rimpianti con i tuoi neri occhi smarriti nei retaggi che creano tutte le parole volute e mai dette, zigomi affilati come rasoi a tagliare l’aria tra due muri e labbra serrate in un ghigno di orgoglio al quale non ho mai creduto;

Avrei voluto…e soltanto ora sono consapevole che non ti ho mai veramente concesso la libertà di amarmi ed ho dato per scontato che l’amore tra un genitore e un figlio fosse un dato di fatto, naturale, semplice, e invece no, caro padre, la forma più grande di questo sentimento è concedere all’altro, chiunque esso sia di poter scegliere se concedere o trattenere, perdonare o odiare, accettare di conoscersi o rifiutarsi per sempre…concedere dunque offrire una possibilità, l’amore è dono e quando si trasforma in sorta di merce di scambio a favore delle nostri desideri e delle nostre aspettative …allora è soltanto bene, affetto, gratitudine o riconoscenza.

Tu eri mio padre è questo discorso potrebbe  sembrare un vaniloquio che non trova corrispondenza nei rapporti tra genitori e figli, ma io stasera può darsi che stia farneticando, ma casualmente mi sei venuto in mente mentre spulciavo i miei ricordi come è mio solito fare..ti ho chiesto scusa, pensando a quanto sei stato solo tu, mai compreso, sempre additato e furiosamente reclamato..ti ho immaginato in riva al nostro mare, mi sono scorta bambina dietro una roccia a scrutarti di nascosto..ti ho sussurrato piano : sai padre, avrei voluto che mi amassi tanto quanto ti ho amato io…ma non importa, il mio Amore vale lo stesso!

Giusy

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Nata sotto una stella arrabbiata e respirata dal campo, fui quell’erba fragile che radica tra il sale del molo e l’umido sartiame.
Quella che conosce dei gabbiani il pianto e muore sposa dell’onda al primo abbraccio.
Ma per te, amore, e per la memoria d’amaro che ancora morde le radici nude, ho scelto d’essere seme di rivolta.
Quell’erba che crepa i marciapiedi…

 

Ho scelto d’essere frantumatrice di paradigmi.
Scavalcatrice di barriere, attraversatrice di confini.
Li ho dentro, confini e frontiere – meticcia da diecimila anni! – e vado, nomade e poeta, avanti e indietro tanto che non ne rimane uno intatto: cancellati come fossero segnati sulla sabbia, ed i miei fossero su di essi passi di danza.

 

Sicuramente, assai poco di ciò “che sta bene”, sta bene a me.
Da niente di ciò “che si usa” mi lascio usare senza rivoltarmi.
Per questo, spesse volte pago – è vero – ma pago con un sorriso del quale molti darebbero chissà cosa per avere il segreto…
E’ un sorriso che mi fu regalato tempo fa…. quando…

 

Giovane ginnasiale, avevo la bisaccia ancora vuota, ma ferrea la volontà di riempirla non foss’altro che di sogni.
Una sera la solitudine mi tagliava e mi apriva.
Dal mio petto mieteva il coraggio, con il suo afono filo di falce ottusa e mi stremava.
Allora Eschilo, dai miei libri di greco, sussurrò: “Il sapere ha potenza sul dolore”.
Ed io, annuendo, gli sorrisi…

Sa Cantadora

 

 

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«Respirava come una nuotatrice e sorrideva allo stesso tempo, poi navigava sempre più veloce, andava ad arenarsi su una spiaggia e umida, la bocca aperta, ancora sorridente, come se a forza di grotte e di acque profonde, l’acqua fosse diventata il suo elemento e la terra il luogo arido in cui lei, come un pesce grondante, soffocava felicemente.»

Albert Camus Carnet, pensando a Mi

 

Mi hai fatto…

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Mi hai fatto un cuore così inquieto!

Trema scomposto ad ogni cambio di aria e tempo

me l’hai dato grande, nella gabbia in cui è racchiuso

lo sento gridare…

Signore, mi hai dato un cuore

troppo tenero  sempre tra gli artigli della morte

un pezzo di carne pieno di vene

gonfie di sangue

che altri bevono lasciandomi sola

mi hai fatto un cuore che soffre il gelo

per una sola parola, un solo sguardo,

una verità trattenuta

un bacio che non sa contenermi intera

Signore, mi hai fatto un cuore così

ed io mi chiedo se pensavi al Mare

mentre soffiavi la Vita

a un abisso blu profondo

dove l’Amore non osa arrivare

e l’eco del Vento si rimesta in bocca

come un boccone amaro

che non so ingoiare.

 

Giusy Montalbano