
Scrivo, scrivo da sempre, pagine e pagine è la mia maniera di parlare con il tempo,la vita , il mare il vento, l’ anima e Dio. Tratti incerti e sicuri che diventano parole, come guardarmi e respirare piano ed attraversarmi e percorrermi a volte soltanto per incidere una via sulla mappa dei miei pensieri vasti. a volte per trovare una strada tra i cunicoli della memoria e piantarci un punto, da dove partire o fermarmi. Pagine scritte su seta o pietra, schizzi netti, decisi, indelebili, parole una dopo l’altra, da ingoiare senza chiedere nulla, pagine che trascinano fino in fondo, che prendono per mano e portano fra le righe, pagine dove c’è molto di più che stare dentro i bordi, che con le dita fanno girare un altro foglio, fare un passo oltre. Pagine che sono una storia, una vita, una piega dopo l’altra, un respiro dentro ad un altro… fogli che ho scritto con il rumore di un temporale e i graffi della notte e cose scritte avvolta in un torbido silenzio servendomi soltanto del mio respiro tutto dentro.
Sono scivolate le mie pagine sottovoce, imbucate tra fessure di niente, lente come agonie e profonde come abissi, scritte con il cuore buttato in un angolo, dipinte dagli aloni della luna, scandite dai miei battiti confusi e respiri corti e poi ancora pagine di intimità sfrontata e irriverente, di desideri come schiaffi che trapassano lo stomaco e si accasciano in gola, incise sul rovescio della pelle , ma tra tanti scritti ritrovo una folla di pensieri, scorciatoie disordinate della mia vita e tutto ciò che volevo, che era scollarmi tutta la rabbia e la paura dalla pelle, dimenticare quell’attesa senza sosta e capire che volevo solo portare la mia anima accanto alla tua, e tu avresti compreso che l’amore non ha forma, che i sentimenti non prendono dimora in un corpo, nel cuore, nel volto, in un suono ma è un conto che torna, una porta, una sincerità, e tu ascoltando tutta questa tensione che mi spingeva verso te avresti sentito che sarebbe stato per sempre, avrei voluto fartele scivolare addosso le mie parole come dita sulle tue ferite e le mie, allontanando così quel velo impalpabile che separa le persone e scoprire l’universo della nostra interezza. Scriverti la nostra casa con grandi finestre, vetri e luce come occhi tuffati sull’infinito, come i miei pieni striati di cielo e di tratti a matita, saturi di colori schizzati in gocce e fessure da dove poter vedere la neve che cade e la pioggia che grida, il mio sguardo avvolto da tutte quelle cose che non fanno rumore. Ti sono state accanto le mie parole. ..quelle dure,impotenti, taglienti come rasoi che grattano tristezze e tutte quelle grondanti di brina, gocciolanti di tenerissima compassione per tutto ciò che ti è riuscito di fare, di dire, di amare, le ho posate tutte, una per una nelle tue mani mentre me le stringevi con tutta la tua forte debolezza mentre il cordone che ci univa veniva reciso per sempre…io ne trattengo ancora il sangue, lo tengo sotto la lingua , continua a parlarmi di te.