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Non so abitare a lungo l’immobilità, ogni cosa in me freme, pulsa si agita, sono piena…colma e straripante di fughe, viaggi, deserti, paesi lontani, nel mio sguardo dormono e vegliano occhi che penetrano orizzonti perduti e andati, sono carica di sogni, passioni, slanci d’amore la mia consistenza è lievità carnosa e per questo che non sopporto a lungo la ripetizione, l’abitudine e il battito dell’orologio che annulla il tempo, è la mia natura il movimento e quando sono costretta a stare ferma ogni cosa in me si dispone alla continua ricerca di altri luoghi ed è tutto un tumulto di voci, di brusii, di sospiri, battiti d’ali e sciabordii di acqua smossa.

La mia mente vaga a volte sfilacciata e incerta, galleggia nei ricordi trasloca e si estende a caccia di profumi, aromi tocchi, profezie e promesse misteriose cantate dal vento, cammina avanti e indietro contando vecchie ferite e bagliori di dolcezza infinita come una sfida da portare al passato, ricordare senza cancellare,  pensarlo perchè mi percorra senza sovrastarmi, sorpassarlo per imprimerlo meglio, così il tutto ed il nulla, l’amore che ho avuto e quello dimenticato si nutre di presenza e di calore.

Nell’immobilità sento soltanto urgenza e bisogno di collocarmi al meglio, l’esigenza di schierare la Vita nell’eterna diatriba del male e del male, del giusto e sbagliato sistemare la luce che preme in bilico continuo, in mezzo ad ogni mia dualità, ogni contrasto che non mi permette di definire i contorni ma soltanto dettagli che mi impediscono di incontrare la verità.

E in questo perpetuo movimento che io so stare stabile, in questo immergermi ed emergere che posso respirare, in questo  perenne lisciare e confortare oppure scostare ed allontanare che mi affiato alla Vita, che ne prendo il possesso per poi lasciarla scorrere ed andare…un ‘onda possente che si infrange in offerta, in dono verso altre rive, altri scogli, altri muri e silenzio e poi torna, torna come Mare!

 

Allora scrivo, studio, dipingo tele e faccio musica…allora creo, cucino, rammendo e ricamo, danzo e mi racconto, invento qualcosa e gioco, canto il mio dolore, la malinconia e la gioia pura, mi tuffo in una fotografia , oso ancora sognare, piego i miei spazi ristretti per non lasciarmi spezzare e in questo turbinio quasi sconsiderato io trovo il senso di tutte le cose, sola di una solitudine che abbraccia il mondo.

Nel tumulto del mio cuore agitato io trovo oasi di pace, una quiete lenta, calma e pulsante, fiamme accese di speranza, in mezzo a tutta questa baraonda io trovo il silenzio che non è tacere ma voce che invoglia, sprona e consola il diapason che accende l’armonia e fiorisco di primavera antica e perenne.

Fluttuando tra carico e sgravo attenuo il peso per aderire meglio al mio esistere intenso, colmo il baratro della mancanza, così piccola e garbata chiedo al Cielo di ricambiare una voce, un baleno di dolcezza, un cambio e una rotta, un sorriso raro come una gemma preziosa, una lacrima lavata nel fuoco della compassione, una morbida fibra da cucire in coperta, una parola d’amore che straripa di cura e attenzione…domando e aspetto ,mi muovo apparentemente ferma senza spostarmi dal cuore di ogni mia certezza , dall’epicentro sicuro che mi salva persino da me stessa.

G.M

 

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